La sempre più crescente richiesta di trasparenza negli arbitrati ha portato la Corte ICC ad emettere provvedimenti in materia di motivazioni delle decisioni procedurali riguardanti la ricusazione e la conseguente sostituzione degli arbitri.
In base alla regola previgente, la Corte ICC assumeva e notificava le decisioni procedurali (incluse quelle sulla ricusazione degli Arbitri) senza comunicare le motivazioni alle parti, secondo la prassi invalsa nella maggioranza delle istituzioni arbitrali internazionali. Molti regolamenti internazionali, anche oggi, nulla dicono in merito e di conseguenza, senza un preciso obbligo, gli organi competenti non predispongono decisioni motivate.
Le uniche eccezioni erano rappresentate dall’introduzione da parte della London Court of International Arbitration (LCIA) nel 2014 dell’obbligo (e non solo la facoltà su richiesta delle parti) di accompagnare le decisioni sulla ricusazione con motivazioni a supporto. Stessa regolala esisteva già per le ricusazioni e sostituzioni decise dal Vienna International Arbitration Centre, mentre La Permanent Court of Arbitration (PCA) dell’Aja si collocava in una posizione intermedia, di fatto assimilabile a quella oggi assunta dalla Corte ICC, consentendo alle parti di richiedere la motivazione (sistema dell’opt-in).
Aspetti procedurali della richiesta di motivazione
Per quanto riguarda la motivazione della ricusazione, la relativa domanda si propone inviando al Segretariato un’istanza scritta, a pena di decadenza, entro trenta giorni dal ricevimento della notifica della nomina (o della conferma) dell’Arbitro ovvero, se successiva, entro trenta giorni dalla data in cui la parte ricusante è venuta a conoscenza dei fatti e delle circostanze su cui si fonda la ricusazione. Deve essere rispettato il principio del contraddittorio secondo il quale la Corte ICC decide sull’ammissibilità ed eventualmente sul merito della ricusazione dopo che il Segretariato ha consentito a tutte le part di presentare osservazioni scritte entro un congruo termine.
Dal punto di vista procedurale, in caso di richiesta di motivazione avanzata dalle parti (necessariamente prima della decisione), vi sarà una variante nella fase istruttoria e la decisione è assunta nel corso delle sessioni plenarie (con incarico al Segretariato di notificare la decisione alle parti e al tribunale arbitrale. Anche la decisione di rifiutarsi di fornire una motivazione, essendo questa una prerogativa della Corte, dovrà essere decisa in sede plenaria.
L’eventuale rifiuto di fornire una motivazione – prerogativa che, come osservato, la Corte ICC conserva, su base interamente discrezionale, nonostante la richiesta congiunta delle parti – dovrà essere deciso dalla Corte ICC in sede plenaria.
Il sistema dell’opt-in in vista di una definitiva motivazione di default.
La possibilità di ottenere decisioni procedurali motivate va certamente accolta con favore e in questo grande merito deve essere dato all’influenza che le maggiori organizzazioni arbitrali esercitano vicendevolmente le une sulle altre.
Tuttavia, si registra una tendenza opposta nella Corte ICC e nella LCIA (entrambe in dire (ossia le più critiche) la posizione di default della Corte ICC è ancora quella di omettere le motivazioni, preferendogli la più prudente facoltà di opt-in, mentre la posizione di default della LCIA è quella di motivare tutte le decisioni.
Una possibile chiave di lettura è quella secondo cui la scelta della Corte ICC non costituisca una presa di posizione definitiva, ma piuttosto un primo graduale passo verso future evoluzione alla luce delle esperienze già vissute.
La trasparenza dell’identità degli Arbitri
Questa è una novità che si inserisce nel discusso rapporto tra il principio di confidenzialità dell’arbitrato e la trasparenza dell’arbitrato. A partire dal 1° gennaio 2016, per ciascun Arbitro nominato nei procedimenti ICC, la Corte pubblica sul proprio sito internet il nominativo dell’Arbitro, la sua nazionalità, se sia stato nominato dalla Corte o da una delle parti (senza indicare ovviamente l’identità della parte medesima) e quale tra gli Arbitri rivesta la carica di Presidente del Collegio.
La soluzione è duplice: da un lato, resta impregiudicata la facoltà delle parti di non aderire a questo tipo di disclosure attraverso un accordo espresso (meccanismo di opt-out), dall’altro, al fine di preservare le esigenze di confidenzialità del procedimento, non vengono pubblicati né i nomi delle parti, né i nomi dei legali che le assistono, né il numero di protocollo (reference number) del caso.
L’accessibilità dei precedenti e delle motivazioni
infine, un profilo interessante riguarda la formazione di una giurisprudenza arbitrale con accessibilità alla comunità arbitrale internazionale e, in generale, ai terzi. Se, da un lato è necessario preservare la trasparenza “interna” del procedimento mediante l’esistenza di decisioni motivate comunicate in via riservata ed esclusiva alle parti dall’altro, l’accessibilità delle stesse decisioni da parte dei terzi potrebbe contribuire all’incremento della prevedibilità e coerenza delle decisioni e, in definitiva, della trasparenza “esterna” del procedimento.
Ciò aiuterebbe la comunità arbitrale internazionale e potrebbe, tra l’altro, ridurre il numero di istanze di ricusazione pretestuose avanzate a soli fini opportunistici.