Il franchising (affiliazione commerciale) può rappresentare una soluzione valida per quell’imprenditore che decide di aprire all’estero propri punti vendita, avvalendosi di soggetti che gestiscono direttamente in loco l’attività commerciale, attraverso una modalità distributiva in grado di valorizzare il proprio marchio e i propri prodotti, garantendo ad essi una visibilità che altre forme di penetrazione commerciale non garantiscono.
Qualora il franchisor intenda aprire più punti di distribuzione dovrà stipulare con il franchise un contratto denominato “master franchising“, con il quale si autorizza quest’ultimo a siglare singoli contratti con sub-franchisee all’interno del Paese o territorio individuato.
Tale soluzione si rivela doppiamente vantaggiosa per il franchisor che, da un lato, si relaziona con un unico franchisee – essendo demandata a quest’ultimo la costituzione della rete di franchising – e, dall’altro, è tutelato dal fatto che eventuali reclami dei sub-franchisee saranno rivolti esclusivamente al franchisee, che dovrà anche rispondere delle eventuali violazioni dei diritti del franchisor commesse dai sub-franchisee.
Altri strumenti utilizzabili utili a definire i rapporti tra franchisor e franchise sono:
- la conclusione di contratti di franchising attraverso un agente c.d. “Area Representative”, che si impegni a procurare al franchisor potenziali franchisees situati in un determinato territorio ;
- la creazione di una filiale nel Paese e/o la costituzione di una joint-venture con un partner locale e la successiva stipulazione di contratti di franchising tra la filiale o joint-venture ed i franchisees locali;
- la conclusione di un accordo di c.d. “Area Development” con una controparte che si impegni a creare e sviluppare in suo nome e per suo conto diverse unità di franchising in un territorio determinato.
A causa dell’assenza di Convenzioni internazionali in vigore che regolano il contratto, nell’ambito della Legislazione internazionale, si fa riferimento alla legge modello elaborata da UNIDROIT nel 2005, che regola in particolare gli obblighi del franchisor e i contenuti del modello di contratto tipo elaborato dalla Camera di Commercio internazionale.
Invece, nel caso della Legislazione comunitaria si fa solitamente riferimento al Regolamento Roma I che disciplina il caso in cui in caso di mancanza di scelta della legge applicabile al proprio contratto di franchising, il contratto sarà disciplinato dalla legge del Paese nel quale il franchisee ha la sua residenza abituale (cfr. art. 4, Regolamento Roma I n. 593 del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali che si applica ai contratti conclusi dopo il 17 dicembre 2009).
Pertanto, nel contratto è fondamentale scegliere la legge applicabile contratto internazionale di franchising. così da sottoporre il contratto di franchising alla legge che si considera più rispondente alle proprie esigenze, escludendo l’applicazione delle norme che sarebbero invece applicabili.
Unico limite è rappresentato dalla circostanza che il franchisor non potrà disapplicare la legge del Paese del suo franchisee ossia le “norme di applicazione necessaria”, cioè norme il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi, al punto da esigerne l’applicazione qualunque sia la legge applicabile al contratto.
In definitiva, l’azienda che intende sviluppare la rete in franchising sui mercati internazionali deve, dunque, avere una chiara capacità propositiva, oltre che negoziale, verso interlocutori di livello ai quali chiederà di avere struttura organizzativa e capacità di investimento tali da porre in essere lo sviluppo della rete a marchio in un’area atta a rispondere agli obiettivi di sviluppo territoriale del brand, nonché assicurarsi un contratto che dovrà essere redatto con estrema cura e che ponga particolare attenzione alla forma e conformità delle clausole alle norme che tutelano la concorrenza, tutela verso il franchisee e modalità di risoluzione delle controversie.