Com’è noto, le sentenze della Suprema Corte di cassazione a Sezioni Unite, numeri 26972, 26973, 26974 e 26975 dell’ 11 Novembre 2008 e meglio conosciute come sentenze di San Martino, rappresentano una innovazione del sistema risarcitorio del danno non patrimoniale che, nel confermare un indirizzo del 2003, hanno chiarito che il danno non patrimoniale va inteso in senso unitario, sebbene, per esigenze descrittive, spesso si fa riferimento a molteplici tipi di pregiudizio –biologico, esistenziale e morale- i quali, non rappresentando sottocategorie autonome di danno, sono pregiudizi diversi dell’unico danno (non patrimoniale).
Tuttavia, il venir meno di tale distinzione può considerarsi, comunque, esclusivamente nominativa, avendo mantenuto un rilievo di carattere pratico ed una valenza descrittiva importante, come nel caso del danno iatrogeno differenziale.
Definizione
Il danno iatrogeno differenziale può essere definito come pregiudizio alla salute collegato all’aggravamento di una lesione o di una patologia preesistente, ascrivibile alla colpa di un terzo od a cause naturali, derivato dal comportamento colposo di un sanitario: il pregiudizio subito si riferisce, infatti, all’aggravarsi della posizione a seguito dell’intervento sanitario che abbia il fine di curare quella determinata patologia e l’errore colpevole del medico o di altro operatore sanitario, con il successivo aggravamento della patologia.
Proprio rispetto alla pregressa patologia si individua l’incremento differenziale del pregiudizio.
Questo pregiudizio sussiste dunque quando si verifichi la seguente successione causale:
i) presenza di una lesione della salute;
ii) l’intervento di un operatore sanitario per farvi fronte;
iii) l’errore del medico;
iv) l’aggravamento o la mancata guarigione della lesione iniziale di cui al punto i).
Modalità di quantificazione del danno.
Innanzitutto, il paziente-danneggiato deve dimostrare, al fine di ottenere il risarcimento domandato, il nesso di causalità tra l’evento dannoso (nella specie l’aggravamento della patologia) e l’azione o l’omissione dei sanitari.
Quanto all’onere della prova, stante il contratto atipico di spedalità stipulato al momento dell’accettazione, oltre che ormai la chiara lettera dell’ultima Legge n. 24 dell’8 Marzo 2017, all’art. 7, la responsabilità della struttura è dunque di tipo contrattuale, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza (ex art. 1218 c.c.) (vedi Cass. Civ., Sez. III, sentenza del 26 Luglio 2017, n. 18392).
Una nuova sentenza della Cassazione a S.U., la n. 26117/21, in presenza di danno iatrogeno da malpractice e intervento INAIL per infortunio, mette ordine sulla problematica del “danno differenziale” inteso sia in senso liquidativo, che normativo.
La questione si riferisce alla corretta natura del danno iatrogeno. Scomponendo le diverse fasi di “danno”, infatti, si riscontrano un danno-base, relativo alla sola patologia presentata dal paziente prima dell’intervento sanitario, e l’aggravamento del danno-base, vale a dire il danno iatrogeno, stante l’intervento medico.
Il danno finale, quindi, sarà composto dalle due fattispecie appena descritte: ma cosa succede se interviene un’assicurazione o un indennizzo percepito, per esempio, dall’Inail?
Il problema si presenta proprio di fronte a tale ipotesi. L’indennizzo percepito è spesso commisurato sul danno finale, per cui quello formato dal danno-base più l’aggravamento; come quantificare il danno iatrogeno che dovrà essere risarcito, per responsabilità medica, dall’operatore sanitario?
La sentenza della Corte Suprema esplicita il criterio corretto seguendo i seguenti punti:
- Si dovrà innanzitutto stabilire la misura del danno-base e quella dell’aggravamento;
- Si dovrà poi determinare il complessivo indennizzo dovuto dall’Inail, sommando i ratei di rendita già percepiti e capitalizzando la rendita futura, al netto dell’incremento per danno patrimoniale;
- Si dovrà infine verificare se l’indennizzo sia inferiore o superiore al danno-base
Tale calcolo porterà a definire quanto dovrà risarcire il responsabile dell’aggravamento, vale a dire: l’intero “aggravamento” se il risarcimento Inail ha coperto solo il danno-base; la differenza se l’Inail ha coperto una porzione superiore al danno-base.
Il danno iatrogeno, sottolinea infine la Corte, non va quantificato sottraendo il grado percentuale di invalidità idealmente ascrivibile all’errore medico, dal grado percentuale di invalidità complessiva effettivamente residuato; va, invece, determinato monetizzando l’una e l’altra invalidità, e sottraendo dal controvalore monetario della seconda il controvalore monetario dell’invalidità che comunque sarebbe residuata all’infortunio anche nel caso di diligenti cure.
Con la sentenza n. 26117 del 27 settembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di calcolo del danno iatrogeno differenziale, vale a dire il pregiudizio alla salute connesso all’aggravamento di una lesione o di una patologia preesistente conseguente al comportamento colposo di un sanitario.
Gli Ermellini hanno ripreso consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui i pagamenti effettuati dall’INAIL riducono il credito risarcitorio della vittima del fatto illecito nei confronti del responsabile, se l’indennizzo ha lo scopo di ristorare il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato chiede di essere risarcito (Cass. 12566/2018).
Nel momento in cui l’assicuratore sociale paga l’indennizzo, il credito risarcitorio si trasferisce ope legis dal danneggiato all’assicuratore. Si tratta di una ipotesi di surrogazione, in cui si verifica una modifica del rapporto obbligatorio dal lato attivo.
Dunque, il danneggiato (creditore), in seguito al pagamento dell’indennizzo, perde la titolarità attiva dell’obbligazione per la parte indennizzata. In altri termini, il danneggiato, non essendo più creditore, non può pretendere il risarcimento dal responsabile. Il credito risarcitorio residuo che il danneggiato (creditore) vanta nei confronti del responsabile è il danno differenziale, che va calcolato per voci o poste di danno.
Secondo il Tribunale Supremo,
a) “L’indennizzo per danno biologico permanente pagato dall’Inail alla vittima di lesioni personali va detratto dal credito aquiliano per danno biologico permanente, vantato dalla vittima nei confronti del terzo responsabile, al netto della personalizzazione e del danno morale;
b) nel caso di indennizzo sotto forma di rendita, la detrazione deve avvenire sottraendo dal credito civilistico il cumulo dei ratei già riscossi e del valore capitale della rendita ancora da erogare, al netto dell’aliquota di rendita destinata al ristoro del danno patrimoniale;
c) il danno c.d. iatrogeno (e cioè l’aggravamento, per imperizia del medico, di postumi che comunque sarebbero residuati, ma in minor misura) va liquidato monetizzando il grado complessivo di invalidità permanente accertato in corpore; monetizzando il grado verosimile di invalidità permanente che sarebbe comunque residuato all’infortunio anche in assenza dell’errore medico; detraendo il secondo importo dal primo;
d) nel caso in cui la vittima di un danno iatrogeno abbia percepito un indennizzo dall’INAIL, il credito residuo della vittima nei confronti del responsabile va determinato sottraendo dal risarcimento dovuto per danno iatrogeno solo l’eventuale eccedenza dell’indennizzo INAIL rispetto al controvalore monetario del danno-base (cioè il danno che comunque si sarebbe verificato anche in assenza dell’illecito)”.