Sono frequenti i contratti rapporti di agenzia internazionale che si configurano quando una parte, l’agente di commercio, assume stabilmente per conto dell’altra, detta preponente, l’incarico di promuovere la conclusione di negozi o di concludere egli stesso tali negozi verso la corresponsione di una provvigione, costituita di norma da una parte del fatturato derivante dai negozi promossi o conclusi direttamente.
Le circostanze che più spesso comportano un conflitto di leggi in un contratto di agenzia, rendendolo quindi “internazionale”, sono: a) l’ubicazione della sede del preponente in un Paesi diverso dalla sede dell’agente; oppure b) l’esecuzione del contratto all’estero, anche quando il preponente e l’agente abbiano sede nello stesso Paese.
In caso di conflitto tra l’agente e l’agenzia preponente, è necessario stabilire, innanzitutto, la legge applicabile e la giurisdizione.
La legge applicabile.
Come in ogni altro rapporto contrattuale che abbia portata internazionale, anche nei contratti di agenzia internazionali è particolarmente importante riuscire a imporre la regolamentazione di tutte le parti rilevanti per la propria sfera di interessi a prescindere dall’ordinamento giuridico nel quale ci si trova ad agire.
In base alla Convenzione di Roma del 19.06.1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, vigente in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Esto- nia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria) ed avente applicazione universale, al fine di stabilire la legge applicabile si deve fare riferimento, in mancanza di scelta delle parti (art. 3), al principio del collegamento più stretto con un determinato stato, secondo il cd. “principio di prossimità”.
Nel caso le parti non abbiano scelto a quale ordinamento sottoporre il contratto, si applicherà, infatti, l’art. 4 del Regolamento, che indica i criteri volti a individuare la legge applicabile al rapporto. Il criterio adottato all’art. 4 della Convenzione di Roma 1980, nel caso di contratti di agenzia, comporta l’applicazione della legge del Paese in cui l’agente ha il suo domicilio abituale.
Tuttavia, determinate norme si caratterizzino per il fatto di essere di applicazione necessaria (c.d. inderogabili) in un determinato paese (per essere imposte dalla normativa nazionale in materia a protezione della parte debole, o per essere norme generali di applicazione necessaria a fondamento di particolari valori considerati fondamentali dai vari sistemi giuridici).
Su tali aspetti ha fatto chiarezza una sentenza della Corte di giustizia europea sostenendo che i tribunali aditi possano applicare le norme di maggior favore per l’agente previste dal proprio ordinamento e diverse dalla legge scelta dalle parti solo nel caso in cui …”il legislatore dello Stato del foro ha ritenuto cruciale, in seno all’ordinamento giuridico interessato, riconoscere all’agente commerciale una protezione ulteriore rispetto a quella prevista dalla citata direttiva, tenendo conto, al riguardo, della natura e dell’oggetto di tali disposizioni imperative”.
In tali casi, quindi i giudici aditi dovranno effettuare questo tipo di valutazione aggiuntiva: cioè verificare se la propria disciplina interna di maggior favore dell’agente regoli un aspetto cruciale di salvaguardia degli interessi pubblici (ai sensi dell’Art 9 Reg. CE Roma I), tale da prevalere sulla scelta della legge applicabile effettuata dalle parti.
Si deve ricordare che la Convenzione di Roma ha carattere universale (art. 2) e trova applicazione anche per le ipotesi in cui il contratto di agenzia sollevi un problema di conflitto di leggi con riferimento ad ordinamenti di Paesi non comunitari come accadrebbe, ad esempio, nel caso di un contratto tra un preponente statunitense e un agente italiano con riferimento ad un mercato italiano o comunitario.
La convenzione di Roma del 1980 è stata sostituita dal Regolamento CE n. 593 del 17 giugno 2008 (“Roma I”), che regola la materia negli Stati membri dell’Unione Europea, ad eccezione di Regno Unito e Danimarca dove continua ad applicarsi la Convenzione di Roma del 1980. La nuova normativa sostituisce la Convenzione di Roma del 1980 trasformandola in uno strumento comunitario e, al contempo, rendendola più moderna.
Convenzione dell’Aja del 1978 sulla legge applicabile all’agenzia commerciale.
Nel 1978 è stata approvata e sottoscritta da un numero molto limitato di stati (Francia, Olanda, Argentina e Portogallo) la “Convenzione sulla legge applicabile all’agenzia”, che si propone, all’art. 1, di “determinare la legge applicabile a relazioni di carattere internazionale sorgenti quando una persona, l’agente, ha l’autorità di agire, agisce o si comporta come agente per conto di un’altra persona, il preponente, nei confronti di un terzo”.
La Convenzione afferma che la legge applicabile, qualora non sia stata scelta espressamente dalle parti, è, secondo l’art. 5, “la legge nazionale dello Stato dove, al tempo della formazione del rapporto di agenzia, l’agente ha la sua sede o, se non ne ha, la sua residenza abituale“, prevedendo un criterio, dunque, molto simile a quello previsto dalla Convenzione di Roma 1980. “In ogni caso, si applica la legge dello Stato in cui l’agente deve esercitare a titolo principale la sua attività se il preponente ha in quello Stato la sua sede o, se non ne ha, il centro dei suoi affari”.
Essa è stata, come detto, ratificata soltanto da quattro stati: Francia, Olanda, Argentina e Portogallo. Detti stati, in materia di legge applicabile al contratto di agenzia commerciale, applicheranno la Convenzione dell’Aja invece della Convezione di Roma in virtù del principio che una legge speciale deroga una legge generale (e la convenzione dell’Aja è da considerarsi speciale rispetto alla convenzione di Roma in quanto regola specificamente il contratto di agenzia commerciale).
La competenza giurisdizionale
Normativa cardine in tema di giurisdizione internazionale all’interno dell’UE è il Regolamento UE cosiddetto “Bruxelles I-bis”, ossia n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale che si applica alle azioni giudiziarie proposte a partire dal 10 gennaio 2015 in luogo del Reg. c.d. “Bruxelles I” [(CE) n. 44/2001] e, risalendo nel tempo, della Convenzione di Bruxelles del 1968.
In materia contrattuale il Regolamento Bruxelles I-bis attribuisce alla volontà delle parti piena autonomia nell’attribuzione della competenza alle autorità giudiziarie di uno Stato membro, o come avviene più di frequente nella prassi, ad uno specifico giudice nazionale. La clausola, detta “di proroga” di competenza deve rispettare soltanto alcuni requisiti di forma (scritta e non solo), dettati dall’art. 25.
Dunque, in omaggio alla prevalenza del diritto dell’Unione europea sui diritti nazionali, le parti sono libere, nel contratto, di attribuire la competenza al giudice che preferiscono, straniero o italiano che sia, anche diverso da quello del domicilio dell’agente individuato dall’ordinamento italiano come giudice con competenza funzionale inderogabile nelle controversie tra preponente e agente-persona fisica.
Individuazione del giudice competente in assenza di una clausola di attribuzione di competenza
In assenza di una scelta del foro nel contratto, l’individuazione del giudice competente si fa più complessa.
Da una parte, l’art. 4 del Regolamento Bruxelles I-bis individua un criterio generale di competenza secondo cui le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono SEMPRE essere convenute davanti alle autorità giudiziarie di tale Stato membro (il c.d. “foro generale del convenuto”), restando irrilevante la loro cittadinanza. Per le società e persone giuridiche si fa riferimento, alternativamente, al luogo della sede statutaria, dell’amministrazione centrale o del centro d’attività principale.
In alternativa alla regola del “foro del convenuto”, il Regolamento individua anche una serie di competenze speciali tra le quali, in materia contrattuale [art. 7, par. 1, lett. a)] anche il foro “del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio”. In pratica, chi instaura il giudizio (presupponendo che sul tema non sia stato ancora instaurato ALCUN giudizio) può scegliere se citare davanti al giudice del domicilio del convenuto (ex art. 4) oppure davanti al giudice del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio, con ciò intendendosi, [ex art. 7, par. 1, lett. b) secondo trattino] “nel caso di prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto”; e, per quanto riguarda i rapporti di agenzia, il giudice è quello del Paese in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta.
Riepilogando
1. Agente domiciliato in uno stato Ue diverso dall’Italia:
– se l’agente è persona fisica può convenire il preponente in Italia davanti il giudice del lavoro (competenza inderogabile ex artt. 409 e 413 c.p.c.), competente per valore e per territorio secondo il domicilio italiano del preponente, ex art. 4 del Regolamento;
– se l’agente ha una struttura imprenditoriale complessa può convenire il preponente in Italia davanti al giudice ordinario (non del lavoro) territorialmente competente ex art. 18 c.p.c. o ex art. 20 c.p.c.
– a scelta dell’agente-attore, costui può convenire il preponente, alternativamente, anche davanti al foro del Paese in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta, non necessariamente coincidente con il luogo in cui l’agente ha il proprio domicilio.
Il preponente potrà:
– agire davanti al foro estero UE del Paese dell’agente ex art. 4 del Regolamento;
– convenire l’agente davanti al foro del Paese in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta art. 7.
2. Agente domiciliato in Italia:
– se è persona fisica può convenire il preponente in Italia davanti il giudice del lavoro competente davanti ai giudici italiani se il preponente è domiciliato in Italia;
– se è agente con struttura imprenditoriale complessa può convenire il preponente in Italia davanti al giudice ordinario (non del lavoro) territorialmente competente ex art. 18 c.p.c. o ex art. 20 c.p.c.
Il preponente può:
– adire le autorità giudiziarie italiane quando l’agente è domiciliato in Italia.
In alternativa, sia l’agente che il preponente domiciliato in Italia, ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento Bruxelles I-bis, possono convenire la controparte davanti al giudice straniero (UE) del luogo in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta. Ed in tal caso, afferma la Corte di Giustizia UE (cfr. sentenza 3 maggio 2007 in causa C-386/05 Color Drack), l’art. 7 del Regolamento designa direttamente il foro competente senza rinviare alle disposizioni degli ordinamenti processuali nazionali per l’effettuazione della stessa individuazione. Così, l’integrazione delle norme UE con le norme nazionali si riduce ancora, restando confinata ai residui criteri nazionali di materia e valore; in attesa di un unico diritto processuale UE.
L’Enasarco
L’Enasarco è una Fondazione di diritto privato alla quale devono, per legge, essere obbligatoriamente iscritti gli agenti in Italia, verso il quale il preponente versa i contributi sia di natura previdenziale sia destinati al FIRR (fondo indennità risoluzione del rapporto) che è obbligatoria solo in quei contratti di agenzia ai quali si applicano gli AEC di diritto comune.
Ma quali sono le regole per i contratti internazionali?
Il Ministero del Lavoro nel 2013 in risposta ad un interpello (19.11.13 n.32), riferendosi alla disciplina europea (Regolamento CE n.883/2004 come modificato dal Regolamento (CE) n. 987/2009) ha chiarito che l’iscrizione all’Enasarco è obbligatoria per:
- agenti che operano sul territorio italiano in nome e per conto di preponenti italiani o esteri aventi una sede o una dipendenza in Italia;
- agenti italiani o stranieri che operano in Italia in nome e/o per conto di preponenti italiani o stranieri anche se privi di sede o dipendenza in Italia;
- agenti che risiedono in Italia e qui svolgono una parte sostanziale della loro attività;
- agenti che non risiedono in Italia, ma hanno in Italia il proprio centro di interessi;
- agenti che operano abitualmente in Italia ma si recano a svolgere attività esclusivamente all’estero per una durata non superiore a 24 mesi.
Nei rapporti di agenzia da eseguirsi al di fuori del territorio UE, non applicandosi i Regolamenti appena citati, sarà opportuno verificare di volta in volta se l’obbligo di osservare la legislazione previdenziale italiana sia previsto da eventuali trattati internazionali di cui facciano parte i Paesi delle due parti.