Questo tipo di clausola viene in ballo quando nelle vicende societarie, è il caso ad esempio delle S.r.l. in cui le partecipazioni sono detenute al 50% da due soci, ci si ritrovi in situazioni di stallo decisionale (c.d. deadlock). In casi del genere, nel disaccordo delle parti, l’effetto sarebbe quello di paralizzare di fatto la società sino a determinarne lo scioglimento.
A livello internazionale è frequento allora l’uso di inserire nello statuto la cosiddetta “russian roulette clause“, tipica dei sistemi di common law, sulla cui legittimità si è recentemente pronunciato il Consiglio notarile di Milano con la massima n. 181 del 2019.
Di norma ritroviamo le predette clausole negli shareholders agreement, i nostri patti parasociali, o negli equity joint venture agreement, ove il testo contrattuale incorpori le regole che i venturers si sono dati per gestire la società comune da essi creata.
Definizione
La russian roulette clause prevede che, in caso di stallo, uno dei soci (o entrambi) possa decidere il trasferimento delle rispettive partecipazioni, costringendo l’altro socio alla scelta tra due alternative:
1) accettare di acquistare la quota del socio al prezzo da lui indicato;
2) vendere la propria partecipazione al socio allo stesso prezzo, con la conseguenza che uno dei due soci diventi proprietario del 100% delle quote.
In questo modo, chi attiva la roulette russa determina il prezzo e non sono ammessi rilanci. La determinazione unilaterale del prezzo è bilanciata e causalmente equilibrata dal rischio di perdere la propria partecipazione sociale. La scelta finale, infatti, spetta al socio che non ha determinato il prezzo.
La facoltà espressa dalla clausola può:
1) essere attribuita dallo statuto ad uno o più soci, eventualmente subordinandone l’esercizio all’avverarsi di determinate condizioni;
2) essere attribuita dall’atto costitutivo ad uno o più soci in quanto “diritto particolare” previsto ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c.;
3) connotare una specifica categoria di azioni prevista dallo statuto sociale ai sensi dell’art. 2348 c.c.
Esistono molteplici varianti della russian roulette clause: ad esempio il caso del socio detentore di un pacchetto azionario di minoranza, il quale si voglia garantire la possibilità di uscita dalla società nell’eventualità di mancata quotazione in Borsa della stessa entro un termine stabilito, oppure, può essere prevista la possibilità che con l’attivazione di detta clausola i soci diano inizio ad un’escalation di offerte e controfferte maggiorate per l’acquisto delle rispettive partecipazioni, fino a che uno dei soci non desista dal formulare ulteriori controfferte e, con ciò, subisca l’altrui acquisto.
Legittimità della clausola
Sulla legittimità della predetta clausola si era espresso il Tribunale di Roma con la sentenza n. 19708 del 19 ottobre 2017, affermandone la validità sotto diversi profili ai fini e per gli effetti di cui all’art. 1322, comma 2 c.c., in quanto consente di porre fine a rischiose situazioni di blocco dell’attività dell’organo decisionale della società.
Successivamente, il Consiglio notarile di Milano, con la recente massima n. 181, ha confermato la legittimità della predetta clausola, aggiungendo un interessante elemento di precisazione al riguardo. Il Consiglio ha, infatti, ritenuto che la facoltà espressa della clausola possa dirsi validamente esercitata solo laddove il prezzo stabilito dal socio che attiva la clausola sia compatibile con il principio di “equa valorizzazione” della partecipazione.
In sostanza, il valore della partecipazione indicato dal socio che si avvale della russian roulette clause non può essere inferiore a quello che le sarebbe attribuito nell’ipotesi di esercizio del diritto di recesso dalla società, in analogia con quanto già espresso in merito alle clausole di “drag along“, o nelle norme in tema di recesso legale (artt. 2437-ter e 2473 c.c.), come in quelle di riscatto convenzionale (art. 2437-sexies c.c.) e di esclusione (art. 2473-bis c.c.), in ciò discostandosi dal principio espresso dai giudici di merito nella indicata sentenza.
La negazione del tribunale circa la possibilità di applicare il summenzionato principio di equa valorizzazione alla stregua del riscatto azionario (c.d. clausola di drag along), infatti, nasce dalla considerazione che le citate clausole siano differenti per funzione, meccanismo e struttura. Chi accetta, in presenza di una russian roulette clause, di essere esposto all’altrui valorizzazione del patrimonio sociale con possibile e conseguente espropriazione della propria quota è al contempo investito del potere alternativo di acquistare allo stesso prezzo al quale avrebbe potuto vendere. Tale ultima “tutela”, se così può definirsi, è assente per colui il quale – come nei casi di riscatto azionario ex art. 2437 sexies c.c. – è meramente soggetto all’altrui diritto potestativo “puro” di riscatto.
Pertanto, il socio assoggettato a una clausola antistallo ha la facoltà di scegliere se vendere o acquistare, mentre il socio sottoposto a una “clausola di riscatto azionario” subisce indistintamente l’altrui scelta di riscattare, con la conseguenza che se per quest’ultimo la legge prevede una tutela inderogabile sotto forma di soglia minima di valutazione ai fini del riscatto, lo stesso meccanismo non può essere analogicamente adattato anche al socio vincolato da una russian roulette clause.
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra, coloro che intendono avvalersi del meccanismo di exit previsto dalla russian roulette clause, dovranno riporre particolare attenzione nella determinazione del valore da attribuire alla partecipazione, onde evitare che la conseguente compravendita sia soggetta a contestazioni e impugnazioni da parte degli altri soci o di terzi che vi abbiano interesse.
Inoltre, da un lato si permetterebbe al socio che ha interesse nel progetto imprenditoriale della società, di avanzare una proposta d’acquisto all’altro e, per altro verso, si metterebbe l’altro socio nella condizione di abbandonare la compagine sociale o, qualora lo dovesse ritenere maggiormente conveniente, procedere a propria volta all’acquisto della partecipazione dell’originario offerente alla somma da quest’ultimo stabilita.