Nel caso di applicazione in fattura di un’aliquota Iva eccedente quella prevista, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata e fatturata. L’esercizio del diritto di detrazione presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile all’imposta nella misura dovuta.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 32900 dell’8 novembre 2022, con cui ha rigettato il motivo di ricorso della società contribuente relativa alla detrazione Iva.
La situazione è rilevante perché siamo in presenza di una condotta che tendenzialmente non lede gli interessi dell’erario.
E’, infatti, il caso frequente per il quale:
- il cedente, per errore o per incertezza, applica a una operazione passiva una aliquota IVA superiore a quella effettivamente dovuta;
- e il cessionario vorrebbe detrarre l’IVA effettivamente versata, come esposta in fattura, anche quella parte in eccesso che non era dovuta.
L’ordinanza numero 32900/2022 della Corte di Cassazione, a conferma di quanto già precedentemente già enunciato, elabora il concetto, emanando i seguenti principi di diritto:
- “In caso di operazione erroneamente assoggettata ad IVA (nella specie ad un’aliquota eccedente quella applicabile) non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata e fatturata atteso che, ai sensi dell’articolo 19, del DPR 26 ottobre 1972, numero 633, e in conformità dell’articolo 17 della direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, numero 77/388/CEE, e degli articoli 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 numero 2006/112/CE (come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), l’esercizio del relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile a tale imposta nella misura dovuta.”
- “Ne discende che, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, per la misura non dovuta sono privi di fondamento:
- il pagamento dell’imposta da parte del cedente (il quale ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso di quanto versato in eccesso);
- la rivalsa effettuata dal cedente nei confronti del cessionario (il quale ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA in via di rivalsa, nella parte erroneamente versata);
- la detrazione operata dal cessionario nella sua dichiarazione IVA, con conseguente potere-dovere dell’Amministrazione di escludere la detrazione dell’imposta così pagata in rivalsa.”
Quindi, secondo la Corte di Cassazione, nel momento in cui il cedente addebiti al cessionario dell’IVA in misura superiore a quella correttamente dovuta:
- il cessionario non avrà diritto alla detrazione dell’IVA applicata in misura superiore a quella dovuta;
- il cessionario avrà, invece, il diritto di chiedere al cedente il rimborso dell’imposta a questi corrisposta in eccesso;
- il cedente avrà il diritto a chiedere all’erario il rimborso dell’eventuale imposta versata in eccesso;
- l’Agenzia delle Entrate avrà il potere di disconoscere l’imposta detratta in misura superiore a quella dovuta.
Dunque, come sopraccennato, la giurisprudenza si è consolidata nell’assumere una posizione restrittiva sul tema: già precedentemente con la prima sentenza della Corte di Cassazione, la numero 24289 del 2020, che da allora è stata numerose volte confermata, fino all’ultima ordinanza, la numero 32900, del giorno 8 novembre 2022 oggetto del presente esame.
Analizzando entrambe le pronunce, infatti, ci troviamo di fronte a due diverse situazioni potenzialmente abusive:
- la detrazione dell’IVA applicata a una operazione non imponibile o esente;
- la detrazione dell’IVA applicata in misura superiore (per un errore di aliquota) a quella dovuta ad una operazione comunque imponibile.
Mentre nel primo caso l’illegittimità interessa l’intera detrazione, nel secondo il contribuente avrebbe il diritto alla detrazione dell’ammontare dell’IVA dovuta se fosse stata applicata l’aliquota corretta, ma non di quella eccedente.
Peraltro, il piano interpretativo della questione si relaziona anche con il piano sanzionatorio: secondo la Corte di Cassazione l’articolo 6 comma 6 del Decreto Legislativo 471/1997 va interpretato nel senso che si applica un regime sanzionatorio più mite al caso, meno grave, in cui il contribuente effettui la detrazione in misura superiore a quella effettivamente spettante in una operazione imponibile.
Per cui:
- in caso di detrazione dell’IVA applicata a una operazione non imponibile o esente, si applicherà la sanzione proporzionale del 90% della detrazione illegittimamente effettuata;
- in caso di detrazione dell’IVA applicata in misura superiore a quella dovuta (e spettante), in una operazione comunque imponibile, si applicherà la sanzione fissa compresa tra 250 euro e 10 mila euro.