I Paesi dell’Europa occidentale, con l’unica eccezione dell’Italia e della Grecia, riconoscono il matrimonio egualitario (ossia di persone dello stesso sesso) e i genitori dello stesso sesso, con riconoscimento di uguali diritti familiari compresa l’adozione legittimante (ossia di un bambino “estraneo” alla coppia).
In Italia, le registrazioni alla nascita incontrano grossi ostacoli perché il nostro paese non ha mai varato una specifica legge di tutela.
I primi riconoscimenti dei figli delle coppie omogenitoriali, iniziati nel 2014 dal Tribunale per i minorenni di Roma, sono stati realizzati attraverso l’adozione in casi particolari, così come recentemente confermato dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite per i bambini nati all’estero con la maternità surrogata da due padri gay.
Nel 2018 la sindaca di Torino Chiara Appendino, si è basata su un’interpretazione innovativa della legge 40 sulla fecondazione assistita secondo la quale basta il consenso all’eterologa, fatta all’estero, dove è legale, per diventare genitori, iniziando a riconoscere i padri gay e le madri lesbiche.
Nel dicembre scorso, come innanzidetto, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha sancito che i bambini nati all’estero con la maternità surrogata da due padri gay non devono essere riconosciuti con la trascrizione ma con l’adozione in casi particolari (Cass. S.U. 30 dicembre 2022, n. 38162).
L’adozione in casi particolari
L’adozione in casi particolari, a differenza dell’adozione legittimante non è una genitorialità piena, è semi-piena e richiede una procedura giudiziaria.
La madre, che non ha partorito, vale a dire, la madre intenzionale, deve fare un’istanza al Tribunale per i minorenni per riconoscere il legame con il figlio che è nato e del quale è madre, perché lo ha voluto fare nascere con il consenso alla fecondazione eterologa e se ne è presa cura prima che venisse al mondo.
Il Tribunale deve vagliare il rapporto tra la madre e suo figlio, delegando agli assistenti sociali la verifica della sua idoneità genitoriale.
La madre intenzionale deve dimostrare di avere i requisiti emotivi e patrimoniali per prendersene cura.
La madre che ha partorito deve dare il consenso all’adozione e per portarla a termine ci vogliono mesi e spesso anni.
In quel periodo il bambino ha giuridicamente un genitore e la madre intenzionale deve avere una delega scritta da parte di colei che ha partorito anche per prendere i figli a scuola o per prendere altre decisioni.
Ci sono stati casi nei quali la madre biologica è morta di parto e non ha potuto dare il consenso. In questi casi l’adozione si è interrotta e i bambini hanno perso giuridicamente l’altra madre.
I casi più frequenti sono quelli nei quali le madri si sono separate e colei che ha partorito ha ritirato il consenso all’adozione, bloccando ogni rapporto dell’altra madre con i figli dei quali sino a quel momento si era presa cura.
Uno di questi è finito al cospetto della Corte Europea dei Diritti Umani che ha sancito la discriminazione delle coppie omosessuali.
Il genitore intenzionale non ha diritti successori nei confronti del figlio e l’adozione può essere revocata. Il genitore intenzionale spesso non compare nei documenti del bambino, come carta di identità e passaporto, determinando degli inconvenienti, ad esempio per i viaggi. Se si vuole ottenere l’iscrizione sui documenti, si devono fare molti passaggi burocratici.
Il riconoscimento alla nascita
Il riconoscimento alla nascita è più completo e immediato.
Si tratta di un atto amministrativo che può essere fatto alla nascita.
In questo modo i bambini hanno subito, anche legalmente, due genitori.
La genitorialità è piena, uguale a quella dei padri e delle madri eterosessuali. Entrambi i genitori compaiono sui documenti.
Le coppie sposate possono registrare i loro figli al momento della nascita, mentre le coppie lesbiche sinora lo potevano fare in alcuni, pochi, Comuni, prendendo appuntamento con l’Ufficio di stato civile.
Le cronache, come scrive il quotidiano Il Corriere della Sera, riportano che a gennaio 2021 la Corte Costituzionale ha chiesto alla politica di riconoscere la genitorialità sociale, anche quando non coincide con quella biologica, perché i legami di questa natura sono un requisito da prendere in considerazione in una famiglia.