L’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario discende dall’art. 4, comma 1, d.l. 44 del 1° aprile 2021, secondo il quale “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”, la vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.

Soggetti obbligati sono “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario. Il Ministero della Salute, nel proprio sito istituzionale, indica quali “professioni sanitarie” quelle dei farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri, veterinari, biologi, fisici, chimici, psicologi, nonché degli esercenti le professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, tecnico sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione

e quali “operatori di interesse sanitario” i massofisioterapisti, operatori socio-sanitari, assistenti di studio odontoiatrico.

Sono esclusi dall’obbligo, in quanto non rientranti in dette due categorie, gli esercenti le arti ausiliarie delle professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario, in cui sono inclusi i massaggiatori capi bagnini degli stabilimenti idroterapici, gli ottici, gli odontotecnici, le puericultrici.

Sono altresì esclusi coloro che, in collaborazione e/o alle dipendenze degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario, svolgano prestazioni/mansioni di tipo diverso (ad es., amministrativo, commerciale).

Per essere inclusi nell’obbligo vaccinale occorre che gli appartenenti alle predette categorie svolgano la loro attività “nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali”.

Sono esentati dall’obbligo, in base al comma 2, coloro per i quali il medico di medicina generale accerti un “pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, dal medesimo medico attestate” potendo la vaccinazione essere, a seconda dei casi, del tutto omessa oppure differita.

L’obbligo persisterà fino alla completa attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini (art. 1, comma 457, Legge 178 del 30 dicembre 2020) e comunque sarà valido fino a non oltre il termine del corrente anno.

Verifica stato vaccinale, adempimento dell’obbligo e conseguenze della sua inosservanza.

Il relativo procedimento è disciplinato dai commi da 3 a 7 ed è articolato in più fasi:

Trasmissione elenchi da parte degli Ordini professionali e dei datori di lavoro a Regioni e Province Autonome (art 4, comma 3).

Entro 5 giorni dalla entrata in vigore del decreto legge, gli Ordini professionali e i datori di lavoro pubblici e privati degli operatori di interesse sanitario dovrebbero aver trasmesso gli elenchi, rispettivamente, degli iscritti e dei dipendenti con tale qualifica alle Regioni o alle Province autonome. Il termine per l’adempimento è stato fissato in 5 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge stesso (art. 12, comma 1) ed è stato superato con il giorno 6 aprile u.s. (essendo il decreto legge pubblicato nella GU n. 79 del 1° aprile 2021). Il superamento del termine non è sanzionato.

Verifica dello stato vaccinale dei soggetti rientranti negli elenchi e comunicazione nominativi alle Asl (art. 4, comma 4).

Le Regioni e  le Province autonome hanno 10 giorni di tempo, dal momento in cui hanno ricevuto gli elenchi, per verificare tramite i relativi sistemi informativi “lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi”. Le stesse sono tenute, “nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali”, ad una segnalazione immediata alle Asl competenti dei nominativi di coloro relativamente ai quali “non risulta l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto”.

Invito delle Asl a presentare la documentazione concernente l’obbligo/adempimento (art. 4, comma 5, prima parte).

Alle Asl compete quindi di invitare gli interessati a produrre, entro 5 gg. dalla ricezione dell’invito (il cui invio è sprovvisto di termine), la documentazione che comprovi, alternativamente: A) l’avvenuta vaccinazione; B) l’esenzione o il differimento ai sensi del precedente comma 2; C) la presentazione della richiesta di vaccinazione; D) l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale (con riferimento a quanto disposto dal comma 1).

Invito delle Asl a coloro che non hanno presentato i documenti a vaccinarsi (art. 4, comma 5, seconda parte).

Nel caso che i destinatari dell’invito non provvedano a quanto richiesto, successivamente alla scadenza del predetto termine di 5 gg., “senza ritardo” le Asl li invitano formalmente a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini per l’adempimento.

Quanto ai destinatari che abbiano documentato di aver richiesto la vaccinazione (sub C), le Asl li invitano a trasmettere “immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione”, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale. E’ da aggiungere che la trasmissione della documentazione, anche oltre il termine, attestante in particolare le circostanze indicate sub B) e D) non può/deve essere esclusa.

Adozione atto di accertamento e sospensione da parte delle Asl (comma 6).

“Decorsi i termini di cui al comma 5, l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza”.

I termini cui si fa riferimento sono i seguenti: il primo è quello stabilito (dall’Asl) per la vaccinazione di coloro che non hanno inviato la documentazione; il secondo è quello stabilito (dalla norma) per la comunicazione dell’avvenuta somministrazione del vaccino da parte di coloro che hanno documentato la presentazione della richiesta.

È da prestare attenzione all’inciso “previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti”: considerate le (gravi) conseguenze connesse alla successiva adozione dell’atto di accertamento, esso rinvia alla necessità di verifiche puntuali, di accertamenti scrupolosi.

In effetti, con “l’adozione dell’atto di accertamento” le Asl determinano la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni “che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”, dal che si desume come l’atto amministrativo sia immediatamente diretto tanto ai professionisti (“prestazioni”) che ai dipendenti (“mansioni”).

La disposizione fa salvo lo svolgimento di prestazioni o mansioni che non implichino contatti interpersonali o comportino in qualsiasi altra forma il rischio di diffusione del contagio.

Adempimenti degli Ordini professionali e dei datori di lavoro successivi agli atti di accertamento

I commi da 7 a 11 concernono gli adempimenti che gravano, una volta che le Asl hanno adottato e comunicato gli atti di accertamento, su Ordini professionali e datori di lavoro (salvo quello di cui al comma 11, che investe il Ministro della salute).

Quanto ai primi, essi risultano dalla disposizione quali enti che comunicano atti sospensivi già adottati (e comunicati) in sede amministrativa, dovendovi in ogni caso procedere “immediatamente” (comma 7). Quanto ai datori di lavoro (comma 8), essi sono tenuti ad adibire i dipendenti colpiti dalla sospensione a mansioni diverse, anche inferiori (e con trattamento corrispondente alle stesse), che in ogni caso non implichino il rischio di contagi. Nell’impossibilità di che, i datori sono tenuti a far osservare la sospensione dal lavoro/servizio dei dipendenti, non essendo in tal caso dovuti retribuzione o altro compenso/emolumento.

Gli atti amministrativi di sospensione mantengono efficacia “fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021” (comma 9).

Quanto al comma 10, esso stabilisce, “per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”, che il datore il datore di lavoro adibisca i soggetti di cui al comma 2 (esentati dall’obbligo, ndr) a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”.

Il tutto fatto salvo quanto previsto dai commi 2 e 2-bis del d.l. 18 del 17 marzo 2020, convertito con modificazioni dalla legge 27 del 24 aprile 2020: per il comma 2-bis “i lavoratori fragili (…) svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento,  come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto”, mentre il comma 2 riguarda le ipotesi in cui la prestazione  lavorativa non possa essere resa in modalità agile ai sensi del comma 2-bis e fa riferimento ai “lavoratori  dipendenti  pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata  dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i  lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 10”: per costoro, la norma stabilisce (tra l’altro) che “il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra”.

Il comma 11 si occupa della stessa fattispecie (casi di esenzione dall’obbligo vaccinale) ma per le attività libero-professionali: i professionisti sono tenuti ad adottare “le misure di prevenzione igienico-sanitarie indicate dallo specifico protocollo di sicurezza adottato con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.  

Conclusioni

Atteso che l’ultimo comma, il 12, stabilisce – in relazione all’attuazione della disposizione – la invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, con la presente nota si è inteso/si intende, per il momento, semplicemente agevolare la immediata conoscenza della disposizione (in ossequio all’ineludibile, einaudiano “conoscere per deliberare”), senza trattare e senza, peraltro, neppure escludere alcuni aspetti giuridicamente problematici: non solo relativi alle verosimili criticità in sede di attuazione, ma anche con riguardo al fondamentale profilo, rebus sic stantibus, della legittimità costituzionale dell’obbligo sancito.